CENERENTOLA NON ABITA A TORINO

CARLO FRUTTERO, Donne informate sui fatti, Mondadori, Milano 2006

Gruppo di lettura L’Italia in giallo. Data da destinarsi.

Una brutta storia

imagesmIn una bella mattina di inizio primavera c’è tanta gente che si riversa per i prati a correre, passeggiare, raccogliere erbette selvatiche come fossero prelibate primizie per il pranzo delle domenica. Anche se si vive a Torino Mirafiori e i prati, tra Beinasco e Rivalta, sono davvero poca cosa, mentre a due passi incombe ciò che resta della Fabbrica, la Grande Madre, per decenni polo di attrazione, speranza e tormento dei torinesi doc e d’importazione. Anzi, ancora di più, proprio per questo: per illudersi di essere un po’ a contato con la natura, sognare di poterne cogliere qualche volta il respiro ameno nell’incalzare delle stagioni. Perciò non deve essere una bella sorpresa trovarsi a tu  per tu con un cadavere abbandonato in fosso, un povero corpo lasciato lì come spazzatura. Ma questo è proprio quello che capita a Mara, giovane e disinibita barista del quartiere e a Covino Angela, di professione bidella presso l’istituto tecnico Delessert. E se davanti all’orrendo spettacolo la prima vigliaccamente fugge a gambe levate, la seconda non esita invece a chiamare i carabinieri, forse più per la soddisfazione di un piccolo momento di gloria, che per autentico spirito civico.

La macchina investigativa si mette dunque in moto. La vittima si chiama Milena Martabazu ed è un’immigrata rumena poco più che ventenne, strangolata ed abbandonata all’apeSCORCIOLingotto010torinorto con addosso un abbigliamento di gusto inequivocabile, che però ha tutta l’aria di essere un volgare quanto misterioso travestimento. E infatti, proseguendo nell’indagine, i carabinieri scoprono che la ragazza era effettivamente finita sul marciapiede: dopo essere stata venduta dal fidanzato era “passata” ad un magnaccia albanese, il quale l’aveva portata clandestinamente in Italia costringendola poi a prostituirsi. Milena era però riuscita a sottrarsi alla sua schiavitù grazie all’intervento di un sacerdote, che le aveva consentito, dopo un periodo di riflessione in una casa di accoglienza a Vercelli, di trovare lavoro prima come badante e poi come bambinaia presso alcune famiglie della Torino bene. Finché non era approdata nella lussuosa villa di un facoltoso banchiere, Giacomo Masserano, con l’incarico di occuparsi dei nipotini, temporaneamente residenti presso di lui. E qui, con la sua dolcezza, con la grazia dei modi e degli atteggiamenti, la bella rumena aveva conquistato  non solo i bambini, ma anche il nonno. Che era vedovo, quindi libero da qualsiasi impedimento: niente impegni coniugali, niente problemi economici, niente mmscrupoli dovuti alla differenza di età. Neppure il timore dei giudizi della gente che conta,  o il passato della ragazza erano stati sufficienti a fermare l’anziano innamorato, perché – si sa – amor vincit omnia. Così Giacomo aveva sposato la sua Milena, sognando di vivere con lei una stagione tutta nuova. Insomma, una storia partita male (come purtroppo ce ne sono tante nella realtà contemporanea) ma che sembrava destinata a trasformarsi nella fiaba di Cenerentola. Ma questo finale a qualcuno non piaceva e ha deciso di troncare bruscamente l’idillio, rubando l’happy end sperato dai protagonisti. Chi sia stato, e perché, lo apprenderemo naturalmente alla conclusione dell’indagine dei carabinieri.

Un racconto polifonico

La particolarità di questo libro è che la ricostruzione dei fatti antecedenti all’omicidio e il successivo sviluppo prendono forma di racconto attraverso l’alternarsi di una pluralità di voci,  tutte appartenenti alle donne che in diversi momenti e in vario modo  hanno –  o hanno avuto – qualche ruolo nella vicenda. Sono la barista, la bidella, la carabiniera, la giornalista, e così via: otto personaggi in tutto, definiti soltanto con le rispettive qualifiche nei titoli dei capitoli. Solo l’intervento della contessa è un unicum, un cammeo delizioso e godibilissimo, sebbene forse leggermente manierato nella caratterizzazione della vecchina bislacca e un po’ rimbambita, capace però di dire le grandi verità che altri, per paura o per convenienza, preferiscono tacere. Tutte le restanti voci intervengono ripetutamente, raccontano fatti, interpretano  situazioni, commentano caratteri e comportamenti dei vari protagonisti, esprimendosi a modo proprio, con una grande varietà di linguaggi e di atteggiamenti in cui si rispecchiano la condizione, la mentalità, la personalità di ciascuna.

foto otto donneLa polifonia della narrazione, cui si accompagna la continua variazione del punto di vista, letterariamente è una trovata d’effetto, un vero e proprio gioco dell’intelligenza, un divertissement dello scrittore. Il lettore si associa volentieri, trovando le regioni del sorriso quando il discorso si fa ironico, o il compiacimento sorto dal riconoscimento dei meccanismi formali che affiorano dalle pagine e rivelano la sapienza retorica che le sostiene, pur nel loro realismo: anzi, proprio per questo. Si nota infatti un marcato intento mimetico del parlato, che si traduce in una varietà di stili e di registri linguistici, con effetti talvolta esilaranti, specie se la voce appartiene ad un livello socioculturale medio-basso; e poiché le narratrici non sempre si rivolgono ad un interlocutore effettivo, ma ricordano e commentano tra sé e sé, abbondante è l’uso del discorso indiretto libero e del cosiddetto “discorso rivissuto”.

A questa impostazione espressiva, vivace ed accattivante, corrisponde necessariamente una certa frammentarietà del racconto, ma la chiarezza e quindi la comprensibilità della vicenda non vengono mai intaccate. A mano a mano che si procede nella lettura, i capitoli (ovvero i singoli interventi delle testimoni) diventano più ampi ed articolati. L’esposizione allora non si limita al recupero di spezzoni della vita di Milena, ma si addentra nei meandri della mente e del cuore della narratrici stesse, fa affiorare schegge del loro vissuto, lascia trapelare particolari nascosti, rivela sentimenti e pensieri che forse preferivano mantenere segreti. E se i giudizi che esse esprimono sono spesso pesantemente pepati, questo è dovuto proprio al fondo di insoddisfazione che le rode. Perché ciascuna ha naturalmente le proprie emozioni, paure, speranze, invidie e delusioni, rapportate  anche all’ambiente di provenienza, che spazia dal prestigioso quartiere di Crocetta, feudo della Torino benestante, ai quartieri popolari e periferici abitati dal ceto operaio e  piccolo-borghese, fino a Vercelli, terra di risaie e  pie istituzioni.

 L’universo femminile

Tutte le confessioni sono raccolte e riportate dallo scrittore con finezza di tratto e mano leggera, ma anche con grande precisione psicologica e “documentaria”. La mia personale simpatia va alla carabiniera e alla giornalista, soprattutto per una sorta di solidarietà tra lavoratrici, magari non sempre gratificate nel proprio impegno professionale. E poi trovo perfetta la caratterizzazione della volontaria, deliziosa nella sua devota dabbenaggine. Ma dal punto di vista letterario va detto che tutti i personaggi sono tratteggiati con sensibilità, tutti trovano il loro ruolo nella vicenda e una specifica collocazione nell’economia del libro.

Quello che ne risulta  non è comunque una rappresentazione agiografica dell’universo femminile. Tranne forse la vittima, nessuna delle donne è idealizzata, ciascuna di loro ha le debolezze e inadempienze, rivelando meschinità più o meno gravi. Pur nelle diverse connotazioni caratteriali e sociali, oltre la generalizzata sopportazione degli interlocutori maschili, spicca comunque un elemento che le accomuna, ed è la solitudine in cui tutte si dibattono, una solitudine  diversa, declinata in una varietà di forme e sfumature, ma sempre impastata di scontento, fallimento, sconforto.53558_771809_MZ052_4527_7523159_medium_1

Alla solitudine in fondo vanno attribuite anche le ragioni del delitto, che è sostanzialmente una vendetta, perpetrata per colpire Giacomo sacrificando la povera ragazza che ha avuto la sfortuna di farlo innamorare. Non mi riferisco con ciò alla manovalanza che ha materialmente eseguito il crimine, ma a chi quel crimine l’ha voluto ed organizzato: qualcuno che sta ai piani alti – perché è lì che si è giocata la partita – e non ha agito per interesse, per una questione di soldi o di potere, bensì per frustrazione, senso di abbandono, sensibilità ferita. È un movente psicologicamente realistico, almeno a dar retta ai riscontri che purtroppo spesso si susseguono nella cronaca quotidiana. Realistico e anche un tantino prevedibile, forse.

A questo proposito, va detto comunque che nel libro le attribuzioni di colpevolezza risultano tutte un po’ ovvie e scontate. Anzi, la scelta degli esecutori materiali è tanto prevedibile, da risultare paradossalmente sorprendente: il lettore medio, nel corso della lettura arriva subito all’ipotesi corretta, ma tende poi a scartarla per ché troppo semplice. E invece…Ma questo deve essere uno scherzo, uno sberleffo di quel ragazzino burlone che era Carlo Fruttero.201031831-0bc2cb29-8035-453b-832b-941a2aa63ca0

Uomini e donne

Con la sola eccezione di Giacomo (e di Casimiro, che tuttavia non ha un ruolo importante nella vicenda) tutti negativi sono i personaggi maschili, spaziando dalla bieca delinquenza dell’albanese Janko, il “padrone” di Milena, fino alla personalità non malvagia, ma diversi gradi di corruzione o inaffidabilità, come la balordaggine un po’ sospetta Christian, fidanzato della barista, o il ben più losco comportamento del tuttofare Semeraro. Persino il carabiniere Gilardo ha i suoi difettucci, e così dicasi degli ex dell’una o dell’altra tra le narratrici: tutti vanesi, fedifraghi, moralmente inconsistenti… e se in alcuni casi i difetti possono risultare amplificati proprio perché il punto di vista è sempre femminile ( e lui visto da lei, specie se la storia è finita, nono può certo uscirne in modo lusinghiero…) è anche vero, però, che alcuni dati sono oggettivi, fatti concreti e incontrovertibili intervenuti nella dinamica della vicenda.

Giacomo, a sua volta, non è privo di limiti, ma trova le ragioni del proprio riscatto nella grandissima capacità di amare. Nato in una famiglia della solida aristocrazia del denaro prima ancora che del sangue, ricco, privilegiato, socialmente baciato dalla fortuna, è riuscito a mantenersi  sostanzialmente onesto ed irreprensibile  pur nella facilità delle occasioni che, dalla sua posizione, avrà certamente visto passargli per le mani. È un uomo intransigente, severo con se stesso prima ancora che col prossimo. Può permettersi di ignorare le  inezie della vita quotidiana perché sono gli altri a provvedere al posto suo: a lui basta il suo lavoro, prestigioso e ben remunerato, alternato soltanto dalle occasioni mondane imposte dal rango sociale e da qualcuno di quei passatempi a cui soltanto pochi possono avvicinaarsi. Apparentemente freddo e poco espansivo, si rivela però padre e nonno tenero ed affettuosissimo. Ha amato la prima moglie e non si perdona di aver ceduto, quando lei è in fin di vita, all’attrazione di un’altra donna, abbandonandosi forse più al conforto di una presenza femminile amica che ad un vero e proprio desiderio; poi quando, ormai anziano, si innamora di una giovane ex prostituta è indifferente a tutto, pronto a sfidare anche il bel mondo torinese a cui appartiene (bello, sì, ma pieno di pregiudizi), pur di difendere il suo amore.

E dunque, proprio per questo sentimento così forte ed autentico, il suo personaggio esce dal cliché del vecchio semidemente che, in un ultimo sussulto di virilità, si invaghisce di una ragazzina e poi, potendo contare su denaro e status sociale, coglie l’attimo fuggente. Salvo rivelarsi subito dopo del tutto incapace di gestire la novità, finendo inesorabilmente nel ridicolo. No, la dignità di Giacomo non è in discussione, perché egli invece ama davvero, senza mezze misure o meschine preoccupazioni d’immagine, ma anche con piena consapevolezza dei complessi risvolti umani e psicologici della situazione.

 Vita e letteratura

È credibile un personaggio del genere? Ed è credibile Milena, l’ex prostituta tutta bontà e dolcezza, tanto sincera e disinteressata da voler assolutamente, e contro il parere di tutti, rivelare al fidanzato la verità sul proprio passato? Rischiando davvero di mandare all’aria ogni cosa, proprio nel mom19207156ento in cui la sua vita sembra potersi sistemare ottenendo un meritato risarcimento, dopo tanta sofferenza. Anche considerando l’innocenza della giovane età, è verosimile che non ci sia un briciolo di calcolo, di opportunismo, o semplicemente un comprensibile spirito di rivalsa?
Il pessimismo della ragione non vorrebbe crederci, ma le vie del cuore portano a sperare  che tutto questo possa accadere almeno qualche volta nella realtà della società contemporanea, dove di Milene ce ne sono tante. Senza naturalmente arrivare alla piega orrenda assunta poi dalla vicenda narrata, che si tratti di un omicidio progettato come tale sin dall’inizio, o di una “lezione” sfuggita di mano e finita tragicamente. Questo sì, purtroppo è credibile: perché la cronaca vera, quella che non troviamo nei romanzi, ma sui giornali come resoconto di fatti realmente ac19205771caduti è piena, ogni giorno, di episodi simili a questo.

Ecco, se Donne informate sui fatti, così godibile e piacevole alla lettura, ha un limite, forse sta proprio qui, in questa sfasatura, dalla la quale deriva un libro sostanzialmente ambiguo, che racconta un fatto terribile, doppiamente inquietante perché potrebbe benissimo essere reale, attirandoci invece col gioco letterario, distraendoci con l’accattivante trovata espressiva della narrazione, persino inducendoci  al sorriso, quando invece dovremmo provare solo amarezza e indignazione.

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